In Arte della delega / Interviste

Ho avuto la fortuna di lavorare con persone, anche più giovani di me, di cui ero responsabile, ma con skills decisamente più innovative delle mie.

Delegavo quindi le attività in base alla valutazione di queste competenze e pensando a chi le avrebbe potute svolgere al meglio.

 

Krisztina Fekecs: Ti presenti con qualche parola?

Maria Cristina Pizzato: Ciao, mi chiamo Maria Cristina Pizzato e aiuto aziende e professionisti a migliorare la loro presenza online come consulente di web marketing, in particolare, tramite la metodologia inbound marketing.

KF: Da quanto tempo svolgi la tua attività?

MCP: Ho 49 anni, ho lavorato come dipendente per 22 anni e da 3 sono libera professionista.

KF: Come è cambiata nel tempo la tua struttura/gestione?

MCP: Ho iniziato il mio percorso lavorativo nel lontano 1995, dopo una formazione scolastica umanistica. In questi 22 anni le attività lavorative sono cambiate esponenzialmente e, di conseguenza, anche la loro gestione.

Agli inizi del mio percorso avevo a malapena un pc, molte delle attività si svolgevano al telefono e organizzando direttamente il lavoro con i collaboratori. Con il passare del tempo, e con l’introduzione della tecnologia e del digitale, la gestione di alcune attività si è snellita lasciando spazio a nuove opportunità.

KF: Quando e perché hai pensato la prima volta a delegare?

MCP: Non ricordo esattamente quando ho iniziato a delegare; sicuramente il graduale aumento di responsabilità ha dettato un passaggio ‘naturale’ alla delega.

KF: Come ti sentivi?

MCP: Ricordo che, inizialmente, il fatto di delegare mi procurava una duplice sensazione di sollievo e apprensione.

Sollievo perché mi rendevo conto che l’aumentare delle incombenze e delle responsabilità non mi permettevano di gestire da sola tutto, e al meglio, quindi la delega diventava inevitabile. Timore, in quanto, non era semplice superare la sensazione di perdere il controllo di una parte della mia operatività, per delegarla ad altri.

KF: Come hai affrontato la prima esperienza? Eri scettica o fiduciosa?

MCP: Superata la prima fase di apprensione, più che scetticismo, ho realizzato quando la delega fosse necessaria per l’efficienza dell’ufficio e per favorire un equilibrio che garantisse la continuità delle attività da svolgere. La fiducia nei collaboratori è un elemento fondamentale in questa fase.

KF: Quale task hai delegato la primissima volta?

MCP: Non ricordo esattamente, essendo passato qualche anno dalla primissima delega, ma credo si trattasse della gestione di una pratica di reclamo aperta da un cliente di un rivenditore del software gestionale prodotto dalla società per cui lavoravo.

KF: Avevi un piano per la procedura della delega?

MCP: Inizialmente no, o meglio, le prime deleghe sono state dettate dell’impossibilità di fare tutto da sola, dall’emergenza, quindi il piano poteva essere relativo alla procedura da adottare più che da una vera e propria gestione della delega.

In un secondo momento è stato necessario definire un protocollo che regolamentasse l’intero processo. In questa fase mi è stata d’aiuto una forma mentis sviluppata grazie all’esperienza di certificazione aziendale che ho avuto modo di seguire in alcune aziende.

KF: Come hai scelto le attività da delegare?

MCP: Mi è sempre piaciuto pensare che le persone vanno motivate e assecondate in base alle caratteristiche personali e alle loro competenze.

Questa convinzione mi è stata utile quando ho dovuto decidere, da responsabile, cosa delegare perché mi ha, in qualche modo, protetto da un errore che ho visto spesso commettere da dirigenti e responsabili: pensare che si debbano delegare attività ‘di poca importanza’, mantenendo quelle che riteniamo più complesse o ‘prestigiose’.

Ho avuto la fortuna di lavorare con persone, anche più giovani di me, di cui ero responsabile, ma con skills decisamente più innovative delle mie. Delegavo quindi le attività in base alla valutazione di queste competenze e pensando a chi le avrebbe potute svolgere al meglio.

KF: Come hai gestito la comunicazione?

MCP: In modo informale tra i componenti del team, pur impostando degli step e dei sistemi di monitoraggio e cercando di essere chiara sugli obiettivi.

Direi che in questi casi, una comunicazione più strutturata va fatta alla direzione e alle altre business unit, oltre che all’esterno, se sono coinvolti Partner e Clienti.

Non c’è niente di più fastidioso, per una persona che ha ricevuto una delega, di non essere riconosciuta nel ruolo che gli è stato assegnato, e niente di più controproducente, per il responsabile che ha delegato, di una comunicazione lacunosa e poco chiara in tal senso.

KF: Era un’esperienza positiva?

MCP: Direi di si, così come possono essere considerate esperienze positive tutte le deleghe andate a buon fine.

KF: Se sì, quale sarebbe stata la successiva attività da delegare?

MCP: Dopo la prima delega ne sono arrivate molte altre; dalla gestione delle problematiche tra clienti e partner, alla definizione di contenuti di comunicazione, ad attività organizzative.

KF: Se no, hai riprovato con altre attività/persone e semplicemente hai rinunciato?

MCP: Ho sempre cercato di far tesoro delle esperienze, ci sono state occasioni in cui ho delegato e, per vari motivi, anche molto diversi tra loro, sono stata delusa. Nonostante questo non credo sia possibile, in un contesto di collaborazione, rinunciare alla delega.

Migliorarla sicuramente, affinarne i processi, introdurre step di verifica, ma non avrebbe senso rinunciarvi a priori.

KF: Che bilancio hai fatto dopo la prima delega in termini di tempo e soldi guadagnati?

MCP: La prima delega è stata positiva perché ha rotto le resistenze e i timori, posso sicuramente affermare che, in termini di tempo, mi ha permesso di gestire attività diverse e meglio, in termini economici, non riesco invece a quantificarla, perché coinvolta in un contesto aziendale più ampio, di cui non avevo tutti gli elementi.

Da libera professionista, invece, una delega con esiti positivi mi permette di fare più cose e di confermare attività che, contrariamente, non potrei portare avanti da sola, quindi, si, anche un vantaggio dal punto di vista economico.

KF: Sei riuscita a stabilire una procedura per la delega?

MCP: Si, ho impostato nel tempo più tipologie di procedure, in base all’attività che dovevo delegare.

Anche nelle collaborazioni tra liberi professionisti è importante definire delle procedure, così da aver chiaro fin da subito chi fa cosa, e non trovarsi, come è accaduto anche a me più volte, a dover polemizzare sull’interpretazione delle email con cui ci si accordava sulle attività.

KF: Come scegli la persona?

MCP: Come ho già scritto poco sopra, in base alle caratteristiche personali e competenze, poi valuto se la conosco già e ho avuto esperienze positive, se è considerata un’esperta nel settore che mi interessa o se ho ricevuto feedback positivi circa le sue capacità. e attività.

KF: Quale è la caratteristica più importante per te?

MCP: La coerenza e l’onestà. Aggiungiamo anche la correttezza.

Coerenza nel saper seguire le procedure ed onestà nel dichiarare fin dall’inizio se si è in grado di realizzare la delega ricevuta, cercando, nel caso insieme, la forma migliore per portarla avanti. Nessuna delega è scolpita sulla pietra.

Correttezza nel realizzare che il risultato finale sarà corale, un insieme di attività che ognuno ha in carico, portate al termine fino a raggiungere un obiettivo. Quindi niente protagonismi.

KF: La delega come ti ha cambiato la vita e la tua attività?

MCP: Da dipendente, decisamente in meglio; avere la possibilità di delegare mi ha aiutata a concentrarmi su attività più adatte al mio profilo e a gestirle senza rincorrere le urgenze.

Da libera professionista, la delega vera e propria è più rara, si parla invece di collaborazioni, nella quali tutti sono coinvolti con una rapporto più paritario. Anche in questo caso però, se la collaborazione funziona, il bilancio non può che essere positivo.

KF: C’è un dettaglio che gestiresti diversamente se potessi tornare indietro?

MCP: Decine. Su decine di deleghe/attività. Sembra impossibile ma, anche nelle situazioni che hanno portato più soddisfazioni, si trova sempre un aspetto che si sarebbe potuto gestire meglio.

KF: Cosa consiglieresti a una persona che sta valutando di iniziare a sperimentare la delega?

MCP: Innanzi tutto le direi che è una buona idea, le suggerirei di pianificarla al meglio, anche se, come ho appena scritto, tutto è sempre migliorabile, e le consiglierei di non trascurare l’aspetto psicologico.

Una delega che porti un esito di successo inizia sempre con un atteggiamenti di rispetto tra le parti.

KF: Cosa pensi della fiducia?

MCP: Bella domanda da fare ad una persona che l’ha sempre elargita a piene mani, non sempre con i risultati sperati, e pagandone conti salatissimi.

In sostanza, per me, la fiducia è lo scheletro di tutte le collaborazioni. Non potrei mai iniziare una collaborazione, figuriamoci fare una delega, se non avessi piena fiducia nella persona con la quale mi devo rapportare.

KF: Quale è stato il punto critico della collaborazione?

MCP: In base alle tante esperienze fatte negli anni, mi sono accorta che le situazioni in cui ci sono state più difficoltà e, in alcuni casi, veri e propri problemi, sono state quelle in cui mancava una condivisione di intenti, in cui gli obiettivi non erano stati sviscerati e chiariti a sufficienza.

Dopo averci sbattuto più volte il naso, ora cerco di essere sempre molto chiara, fin dall’inizio, circa gli obiettivi che vorrei raggiungere, il contributo che posso dare, l’impegno che richiedo. Arrivando a rinunciare ad una collaborazione, o a una delega, se ho il sentore che si viaggi su binari diversi.

 

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