In Arte della delega / Interviste

Questa settimana vi presento Davide Rampoldi di temposuper.com, coach e consulente per il miglioramento della presenza online e per la strategia di marketing su internet

Ci parla di come sono importanti le procedure e le regole ben definite al fine di poter godere della “superdelega”

 

Krisztina Fekecs: Come ti presenti?

Davide Rampoldi: sono nel settore del coaching da 5 anni, dove nei primi due avevo l’azienda di informatica e facevo consulenza.

Mi rivolgo a liberi professionisti che lavorano nel mondo del web e vogliono cercare la loro presenza online e a imprenditori più tradizionali con azienda e dipendenti dove usano internet ma lo usano solo per comunicare, per il sito e la posta elettronica ma senza strategia avanzata di marketing su internet.

KF: Come è cambiata nel tempo la tua gestione e la struttura della tua attività?

DR: Ho avuto l’azienda di informatica, per 12 anni, dove commerciavo in hardware e assistenza sui server, con all’inizio un socio per due anni.

Poi negli ultimi 4 anni ho avuto sempre dei collaboratori, prima a partita iva e poi un dipendente a tempo pieno con il quale mi ero organizzato bene; gli facevo seguire la parte collegata all’assistenza dei server, tirandolo su da zero con procedure scritte e affiancandomelo nei primi tempi quando andavo dai clienti.

Facevamo una check list ogni volta che lavoravamo sui PC, su PC infettati da virus, riparazioni o per ogni installazione di computer da zero con adeguata check list dei software da installare e altri setup da controllare.

All’inizio è stato un po’ difficile farlo perché anche io dovevo capire cosa c’era nella mia testa, ciò che facevo in automatico, ma dovevo spiegarlo a un’altra persona col rischio che questa dimenticasse dei pezzi.

Lui mi ha molto aiutato a migliorare queste procedure aggiornandole di volta in volta se lo ritenevamo necessario. La cosa è diventata molto efficiente anche per l’acquisto di nuovi computer per i clienti. Alla fine mi son ritrovato a dare l’ok affidandomi completamente.

Negli ultimi periodi, avendo smollato la parte tecnica, anche se non più aggiornato tecnicamente, davo dei criteri si scelta a lui, con la regola delle 2/3 opzioni che ci dovevano sempre essere.

KF: Quando hai pensato la prima volta a delegare?

DR: sempre in quel periodo, quando avevo anche gli altri collaboratori.

La prima volta che ho pensato in termini di delega e avevo più ansia è stata quando, in assenza di me, ho mandato da uno dei miei clienti un ragazzo di cui però ancora non mi fidavo in pieno, ma più per mia inesperienza a delegare e a affidarmi ad altri.

Mi è poi passata l’ansia perché ho chiesto al dipendente/collaboratore se era andato tutto ok, senza previa checklist ; inoltre mi son fatto dare un riscontro anche dal cliente se era andato tutto ok in termini di comportamento (puntualità, gentilezza, educazione) soprattutto, e anche di competenza naturalmente.

Sul rispetto degli orari e sul interfacciarsi col cliente educatamente non transigo, più che sui problemi tecnici che possono capitare e si possono migliorare, perché lo ritengo il primo punto di rispetto verso il cliente e il suo tempo.

KF: Eri scettico o fiducioso?

DR: All’inizio c’è sempre dello scetticismo, ma poi non essendo mai stato geloso delle mie conoscenze, in termini di far fare esperienza e imparare agli altri, sono sempre stato propositivo e fiducioso del fatto che se una persona aveva un buon approccio, voglia di imparare e di fare ed era dotato di umiltà a quel punto sia all’interno dell’azienda che dai clienti avrebbe ottenuto dei risultati.

Lato delega si può fare molto istruendo la persona a livello tecnico ma il modo di porti davanti a un cliente va più nelle soft skills che sono molto più difficili da sviluppare e richiederebbero tempo se un collaboratore scelto non le avesse con se.

Il lavoro a monte quindi da fare è nella selezione e nei primi approcci che si hanno dove si può già vedere la buona impostazione o meno della persona. In generale sono fiducioso nelle persone

KF: Il primo task che hai delegato?

DR: Forse la sistemazione di qualche virus o la configurazione del PC, preconfigurato da noi, da “settare” poi nella rete locale del cliente.

Direi che il primo lavoro di un certo impegno o importanza che ho delegato è stato questo, per far avere al cliente un computer installato chiavi in mano e pronto all’uso.

KF: Hai mai adottato un piano per la procedura di delega?

DR: Si, come detto , avevo un piano, migliorandolo nel tempo dopo che avevo adottato delle checklist, già descritte prima. Ho anche fatto dei video tutorial dove spiegavo i singoli pezzi da fare. I video erano agganciati a documenti word, dove c’erano maggiori riferimenti che potevano essere aggiornati o rielaborati con i riscontri dei collaboratori.

Procedura che ho maggiormente utilizzato al momento del coadiuvo di un’assistente virtuale.

KF: Come curavi la parte comunicativa nella delega?

DR: I miei primi collaboratori avevano un rapportino che dovevano far firmare al cliente e soprattutto la prime volte li chiedevo dei riscontri, ogni loro considerazione o suggerimento sull’incontro effettuato per migliorare quelli futuri.

Dovevano dirmi cosa era andato male o le problematiche potenziali che andavano rapportate.

Così come anche le tempistiche, stimate da noi, dovevano essere rispettate  e si doveva riportare quanto si era impiegato per l’installazione della macchina, anche per quotare meglio al cliente il tempo impiegato per ogni tipo di operazione nel futuro e la gestione del tempo all’interno dell’agenda dell’ufficio.

Sapere le cose che non erano andate come dovevano, rilevare i semafori rossi di quanto pianificato, insieme  ai loro riscontri personali e suggerimenti,  erano i punti basilari in modo tale che non fossi sempre io a imbeccare il collaboratore ma ci fosse una sua maturazione progressiva, cosa fondamentale anche nell’ottica della superdelega dove il delegato cambia le regole del gioco.

KF: Quale è stata la successiva attività da delegare?

DR: Tutta la sistemazione dei virus e l’installazione dei pc. La cosa più difficile è stata l’installazione dei server perché più complessa. Ma concettualmente la procedura era sempre la stessa e rendeva snello questo tipo di operazioni delegate.

KF: Che bilancio fai in termini di tempo e soldi guadagnati?

DR: In termini di tempo sicuramente moltissimo.

All’inizio non ero attento a segnare i bilanci economici ma ti posso dire che negli ultimi due anni, quando avevo numeri più precisi e quando avevo il dipendente, avevamo raggiunto una buon margine di ricavo, tipo del 70%, dato che era soprattutto assistenza.

Certo da solo non sarei mai stato in grado di fare tutto questo.

Perché avevo perso il polso del mercato in termini di evoluzione dei server o hardware e anche un po’ dei software.

Mentre i miei collaboratori erano aggiornati costantemente e questo mi ha permesso di vendere prodotti ad alto guadagno aggiunto con i servizi addizionali, come i server, senza il cui contributo, non sarei riuscito a vendere insieme all’assistenza.

Soprattutto con i virus non si sapeva quando si finiva e li il mio collaboratore faceva tutto e risolveva ogni evenienza, tranne casi eccezionali, e mi dava fiducia e tranquillità.

Tornado al tempo, ho guadagnato uno spazio di libertà rispetto alle assistenze e così riuscivo a stare in ufficio a studiare e fare corsi di formazione, a gestire dal punto di vista commerciale il software gestionale che rivendevo in quegli anni.

In questo caso, avevo dei margini importanti e lo facevo tranquillo in ufficio perché avevo qualcuno che mi faceva le assistenze.

Il fatto di poter stare in ufficio mi ha permesso di avere libertà per potermi dedicare allo studio di un nuovo lavoro, all’approfondimento di tutte le dinamiche collegate allo sviluppo di un’azienda, del business coaching e della gestione del tempo.

Senza il mio collaboratore non avrei potuto evolvere cosi come sono diventato.  Istruire le persone, nonostante il tempo impiegato all’inizio (che poi non è così grande), ha un valore impagabile.

KF: Come selezioni un collaboratore?

DR: Facevo dei colloqui, non tantissimi, per sei sette persone che mi avevano mandato il CV. Facevo loro delle domande, senza i test di valutazione della personalità che vanno ora, ma domande tecniche e di programmazione.

Guardavo moltissimo l’atteggiamento, se era accondiscendente, propositivo, più o meno scostante, se era preciso e puntuale; poi nel periodo di prova pur non essendo pedante volevo vedere la persona se rispettava le regole che gli davo.

Se alla fine del lavoro mi dava riscontri o mi chiedeva informazioni e se mi redigeva i rapporti.

Allo stesso modo per l’assistente virtuale. Avevo già creato delle procedure già al momento della scelta e le avevo fatto testare il tutto, se riusciva a portare al termine i compiti. Alla fine è venuto fuori un 10% da migliorare.

Ma la cosa fondamentale era un rapporto da farmi una volta alla settimana dove mi dava i suoi riscontri. Cosi potevo vedere come andava il processo di delega.

Poche istruzioni ma da applicare immediatamente. Così vedi subito l’approccio e il comportamento insito della persona che è più difficile da cambiare ma che puoi riconoscere da quasi subito.

Si può sbagliare ma sulle regole e i principi è meglio che questa non sbagli perché sarebbe più sintomo della sua personalità che è molto più difficile da cambiare, come detto.

KF: Quale la caratteristica più importante per  la delega?

DR: Come ti ho detto prima il fatto che una persona riesca a rispettare le regole ricevute, che rispetti la procedura e se sbaglia a rispettarla, soprattutto all’inizio, ci anche può stare.

Ma la cosa fondamentale è che quando dico che un compito lo deve fare ed è la prima cosa che deve fare e su questo non transigo, se poi non la fa come istruito, allora ha un secondo appello.

Ma se poi sbaglia una seconda volta meglio dividere le nostre strade perché riguarda il modo di fare di una persona che non ho il tempo di cambiare o correggere.

Meglio cambiare la persona all’inizio e anche trovare qualcuno meno “fenomeno” ma con essenzialità e capacità di portare a termine i compiti principali rispettando i principi e i criteri.

KF: Come ti ha cambiato la vita usare la delega?

DR: Tantissimo. Innanzitutto la cosa più importante che ho capito è che non sono indispensabile.

Ci sono cose in cui uno crede di esser più bravo degli altri, che ci può stare, ma in realtà anche le cose dove credi di essere forte ti portano via un sacco di tempo.

Tempo che potresti utilizzare per dedicarti ad attività come alla espansione del tuo business, alla focalizzazione sui tuoi clienti, alle pubbliche relazioni, al marketing, a nuove opportunità all’ upselling, etc..

Il compito della delega deve essere quello di svincolare il tempo all’imprenditore o al libero professionista, con cui poi ci può fare tutto, dallo svago allo sviluppo del suo business che altrimenti gli mancherebbe.

Anche se non al 100%, ma se tu deleghi a una persona un compito, magari ci mette più tempo di te e magari c’è il rischio che lo faccia meglio di te.

Un collaboratore, se è quello giusto, è più facile che diventi più bravo e che diventi più automatizzato ed efficiente di te.

Delega qualcosa nei campi che non ti piacciono o in cui non eccelli o qualcosa che anche se ti piace non è così cruciale per lo sviluppo del tuo business.

 

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KF: C’è qualcosa che cambieresti nell’uso della delega?

DR: Partire prima nell’uso della delega. Più tardi parti e più tempo che perdi.

Poi nella selezione delle persone farei fare qualche test in più, delle prove un po’ più lunghe, ma con maggiori approfondimenti senza fermarmi alla prime figure.

Sarei più rigido a mettere delle regole, che forse erano poche all’inizio. Maggiori regole di comportamento legate alla mission dell’azienda.

Dal punto di vista tecnico invece le esperienze avute son state positive.

Non mancherei la parte motivazionale, l’andarsi ad agganciare al motivo per cui la persona lavora per te oltre che all’aspetto economico.

Più coaching, più comunicazione su dove si vuole andare e quali obiettivi, anche settimanali ancorché mensili e sapere quali sono i suoi bisogni personali

KF: Che cosa consiglieresti a una persona che stia valutando di sperimentare la delega?

DR: La prima cosa è di farlo il prima possibile, tutto tempo perso e opportunità in meno cui stai dicendo di no e che invece con la delega potresti far evolvere.

Non improvvisarti, parti da qualcuno che ti spieghi tre-quattro cose su come delegare e su come continuare a gestire la cosa in maniera efficace.

Non sottovalutare gli aspetti tecnici. Sia con il mio collaboratore che con l’assistente virtuale non sarei stato efficiente senza l’uso della tecnologia.

Tecnologia decisiva per spiegare il processo, avere le check list organizzate e informatizzate, salvare i report organizzati in un pc dove fare delle ricerche, avere i video tutorial registrati.

E con punti spiegati da loro stessi su ciò che avrei dovuto conoscere quando andavo dai clienti su argomenti dove non ero più aggiornato.

Quindi l’aspetto tecnico è importante con l’uso di software che facilitino i processi di comunicazione con i collaboratori e di gestione dei documenti.

Non trascurare l’aspetto di test e psicologico delle persone cui vuoi delegare, soprattutto in fase di selezione.

Ma non solo sotto l’aspetto tecnico. Andrei a studiare la parte delle soft skills, per mettere la persona giusta al posto giusto, con la capacità di essere responsiva e precisa senza che si debba inventare le cose da “cane sciolto” ma seguendo procedure chiare.

E’ importante e delicata l’obbedienza sui criteri e sui punti immutabili su cui non si deroga. Se ci sono caratteristiche relazionali a monte, devono essere l’obiettivo di partenza

KF: Che cosa pensi della fiducia?

DR: Credo che la questione sia più nei nostri confronti che negli altri. Se non hai fiducia in te stesso, la darai con fatica ad altri.

E’ un’operazione di crescita personale in cui rinunci a una parte del tuo possesso che poi ti torna indietro nel futuro; così come un cliente che si fida di te anche tu devi essere pronto a fidarti di chi sti sta intorno.

I momenti in cui mi sono sentito di non farmi aiutare son stati anche quelli più negativi in termini di opportunità personali e professionali.

E’ un po’ un regalo che fai a te stesso e all’universo che ti ritorna indietro con gli interessi. Fiducia non cieca naturalmente che sarebbe stupido.

Il controllo ogni tanto ci sta. Aiuta anche molto a migliorare il rapporto. Stimolando e motivando con iniezioni di fiducia in cui chiedi se tutto va bene o se c’è qualcosa che non torna.

KF: Qual’è stato un punto critico della collaborazione?

DR: Per me è stato quello di non aver dato abbastanza stimoli alle altre persone, ma non in termini di fiducia, che era molta; era talmente tanta, infatti, che davo poco pungolo senza chiedere riscontri più costanti con l’occhio del leader.

Per far capire che stavamo andando tutti nella stessa direzione.

Direzione da dare come leader a tutte le persone che lavorano con te in termini di approccio mentale, su come collaborare insieme e su come far migliorare le relazioni all’interno dell’azienda o dell’ufficio.

Un supporto costante di motivazione, non facendo finta di nulla ma affrontando la situazione proponendoti per primo sulle soluzioni e accettando i consigli dai tuoi “delegati”.

Ma anche dando, al tempo stesso, responsabilità ai tuoi della soluzione da trovare per risolvere i problemi, per poi entrare tu per aiutare a risolvere all’interno del team o con il singolo.

 

 

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